Questo blog è una raccolta disordinata dei miei appunti. Il tema principale è la storia di Roma.
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mercoledì 6 marzo 2013

Cola di Rienzo(1313 – 1354)

L’ultimo dei tribuni del popolo romano era di modeste origini, il suo nome era Nicola Gabrini, figlio del taverniere Lorenzo e di una lavandaia. Era nato nel rione Regola.

Cola di Rienzo
Dal 1305 i papi si erano trasferiti ad Avignone e la città era in totale declino. Aveva raggiunto il minimo di 20/30 mila abitanti. Il popolo era vessato dall’aristocrazia, le attività lavorative erano quasi del tutto assenti.
I nobili speravano in Carlo d’Angiò, regnante nel sud della penisola, affinché ricostituisse la magnificenza dell’Urbe, in accordo con il papato. Il popolo desiderava nel ripristino del Senato, tentativo già fallito da Arnaldo da Brescia nell’XII secolo. Il fallimento di questa impresa fu dovuto all’intervento di Federico Barbarossa e dei Normanni, chiamati dal papa.
Arnaldo Da Brescia
Intelligente, bello e vivace, la sua nascita era avvolta in un mistero: diceva di essere figlio dell'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, che avrebbe avuto una relazione occasionale con sua madre quando era a Roma per farsi incoronare. Si sarebbe rifugiato proprio nella taverna di Lorenzo per una rivolta popolare. Forse questo fu il motivo per cui Cola ebbe modo di seguire studi non propriamente confacenti con la sua estrazione sociale.
Appassionato dell'antichità, sapeva parlare e divenne ambasciatore del governo popolare di Roma presso Avignone. Nel 1344 tornò a Roma in qualità di notaio della Camera Apostolica per l’amministrazione delle finanze e l’osservanza delle competenze legislative e giudiziarie.

Subito iniziò una campagna mediatica ante litteram: fece dipingere alcuni affreschi per comunicare con il popolo:
Cola di Rienzo illustra un affresco        Cola di Rienzo in Campidoglio
  • un mare tempestoso, con Roma vestita a lutto, minacciata da animali feroci (i baroni che allora governavano la città) e poi cani e porci a simboleggiare i loro tirapiedi. Il tutto corredato da cartigli come se fossero fumetti.
  • poi un altro affresco con una gran fiamma ove bruciano i nobili, mentre una vecchia – cioè Roma – fugge. In un lato S. Paolo e S. Pietro implorano la salvezza della vecchia e una colomba che porge ad un uccellino un ramo di mortella (simile al mirto) da dare alla vecchia in segno di salvezza.
  • mise la tavola bronzea della “lex de imperio Vespasiani” - con la quale il Senato dava a Vespasiano i poteri imperiali - al centro di un altro affresco che rappresentava anch'esso il Senato. Il significato: dovevano essere i Romani a conferire i poteri all’imperatore.
Con il placet del papa, a Sant’Alessio in Aventino, Cola parlò ad un gruppo di cittadini perché reagissero alla prepotenza dei baroni. Nell’aprile del 1347 salì in Campidoglio per farsi ascoltare dal popolo: Roma doveva essere dotata  di proprie leggi, governata dai rappresentanti del popolo, nel ricordo della sua grandezza. I punti del suo programma:
  • limitare la violenza privata, con milizie rionali e guardie per garantire la sicurezza dei mercanti
  • le risorse pubbliche dovevano andare a sostegno dei cittadini
  • i baroni dovevano stabilire un nuovo rapporto con il popolo, impedendone la costruzione di fortezze, non dare ospitalità ai ladri ed ai malfattori, rendendo le strade sicure attraverso i loro uomini.
Il popolo, entusiasta, gli conferì  la signoria del Comune. I nobili erano infuriati; Stefano Colonna lo voleva iettare dalle finiestre. Con lui gli Orsini, Giovanni Colonna, gli Orsini di Monte Giordano e i Savelli.
Stefano Colonna
Il popolo reagì, i baroni furono cacciati da Roma. Congiure e tentativi vari, ma alla fine i nobili tentarono di venire a patti con il tribuno.

Seguì un periodo di tranquillità. I suoi ambasciatori veniva accolti con tutti gli onori. Ma Cola cadde in delirio, proclamandosi "cavaliere", attaccando i Colonna e gli Orsini. Si abbandonò al lusso, ma il popolo (e i nobili) lo esautorarono, confinandolo in Castel Sant’Angelo.
Travestito da frate, scappò. Si recò ad Avignone, allora era papa Innocenzo VI.
Uccisione di Cola di Rienzo

Tornò a Roma nel settembre del 1353 assieme al cardinale di Spagna Egidio Albornoz. In trionfo, fu portato dal popolo in Campidoglio, ma fu delusione:  Cola straparlava, era assetato di vendette contro chi l’aveva cacciato da Roma. Mise nuove tasse. Nell’ottobre del 1354 fu condotto in Campidoglio, tentò di difendersi, ma fu ucciso, linciato da quello stesso popolo che anni prima l’aveva osannato. Il suo corpo venne bruciato a Ripetta – nei pressi del Mausoleo di Augusto - e le sue ceneri disperse.

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