Questo blog è una raccolta disordinata dei miei appunti. Il tema principale è la storia di Roma.
Se passi per da queste parti, ti ringrazio. Se vuoi lascia pure un commento, ma abbi pazienza ... li guardo solo ogni tanto

venerdì 28 luglio 2017

Santa Francesca Romana


Infanzia
Nel 1378 la duplice elezione di Urbano VI e dell’antipapa Clemente VII aprì il Grande Scisma: per quarant’anni 2 o anche 3 papi si contesero il papato. A Roma nel 1384 nasceva Francesca, la cui vita fu segnata da queste terribili vicende. I genitori, Paolo Bussa e Iacobella dei Roffredeschi, di nobile e antica famiglia del rione di Parione, abitavano in una casa sulla odierna v. dell’Anima; la bambina fu battezzata e cresimata nella vicina chiesa di S. Agnese in Agone (in una cappellina laterale, c'è il battistero in pietra ove fu battezzata). Vi sono poche notizie sulla sua istruzione: imparò a leggere, ma non è certo che sapesse anche scrivere. Fin da piccola si distinse per le sue forti inclinazioni spirituali: viveva in casa isolandosi come un eremita, immersa nelle penitenze, nella preghiera e nella lettura devota, praticando dentro le mura domestiche una singolare forma di ascetismo monastico. 

Il matrimonio
A 12 anni, fu data in sposa contro la sua volontà a Lorenzo Ponziani, di una ricca famiglia di bovattieri di Trastevere, proprietari di bestiame e di vasti possedimenti agricoli. Il loro palazzo in Ponte Rotto sorgeva vicino alla basilica di S. Cecilia. Nonostante la posizione di privilegio, la vita coniugale di Francesca fu segnata da dolori e difficoltà. Perse due figli in tenera età per una epidemia. Nel 1408-09 o nel 1413-14, durante l'occupazione di Roma da parte dei Napoletani, i Ponziani pagarono un prezzo molto alto per la loro fedeltà alla Chiesa e agli Orsini contro il re Ladislao d’Angiò ed i Colonna: Lorenzo, il marito di Francesca, fu ferito gravemente e rimase infermo per tutta la vita, il cognato Paluzzo esiliato, il figlio Battista, ancora fanciullo, preso in ostaggio.

 

Francesca, per obbedire al comando del confessore, condusse il bambino in Campidoglio, dove risiedeva il conte di Troia, luogotenente del re di Napoli, e dopo aver affidato la vita del figlio alla Madonna dell’Aracoeli lo consegnò ai nemici. Ma quando i soldati tentarono di issare il fanciullo su un cavallo per portarlo via, l’animale indietreggiò, rifiutando di farsi montare. Stupiti e superstiziosi, i soldati del conte liberarono il bambino e lo riconsegnarono alla madre. Gli antichi biografi di Francesca sottolineano che sopportò sempre con pazienza i dolori, le disgrazie, i rovesci economici e finanziari della sua famiglia. 

Le sue virtù
Francesca era affascinata dalla vita eremitica, ma si dedicò al servizio degli altri: comprese che il ritiro in monastero non era l’unica condizione per raggiungere la perfezione e che anche i laici dovevano sentirsi impegnati. Ciò segnò la sua vita , tra ritiro nella contemplazione e dedizione al prossimo. Sin dall’inizio del matrimonio svolse un’intensa opera caritativa e assistenziale verso poveri e malati. Si adoperò negli ospedali di S. Maria in Cappella, di S. Cecilia, di S. Spirito in Sassia. Lasciò aperta la sua casa ai bisogni di chi vi si rivolgeva per chiedere l’elemosina, arrivando anche agli estremi, in tempo di carestie, svuotando il granaio e le cantine per i bisognosi. E volle vivere la condizione dei poveri: indossava vesti semplici e rozze; vendette i capi del ricco corredo e con il ricavato fece cucire abiti per i poveri. Con la cognata Vannozza Ponziani, si recava nelle basiliche romane e si sedeva sui gradini, chiedendo l’elemosina del pane, e talvolta fu insultata e disprezzata. Era nota per i poteri taumaturgici: abile nel curare molte malattie, ricorrendo a mezzi semplici, da lei stessa preparati con ingredienti comuni: decotti, unguenti, impiastri di erbe. Era specializzata in ginecologia e ostetricia. Fu moglie e madre sollecita e attenta, che non antepose mai i suoi bisogni spirituali e le pratiche contemplative alla famiglia. Nel matrimonio mantenne sempre il governo della grande casa in Trastevere, senza sottrarsi alle incombenze domestiche, né al duro lavoro manuale nell’azienda agricola dei Ponziani.


Secondo la tradizione, l’angelo custode le stava sempre vicino e la guidava nelle ore notturne, quando attendeva ai suoi compiti. Ma la puniva, negandosi alla vista, quando si sottraeva alle faccende quotidiane per leggere e pregare. Comprese che la perfezione era nell’equilibrio tra la sfera familiare e sociale e quella religiosa.

L’oblazione
Nel 1425, dopo 28 anni di unione, Lorenzo Ponziani accolse i desideri della moglie, accettando la sua castità. Francesca continuò a vivere con lui fino alla sua morte nel 1436, condividendo gli anni di malattia, assistendolo e curandolo sino alla fine. Francesca iniziò ad avere estasi frequenti e visioni, divenendo punto di riferimento di un gruppo di donne che le si riunirono intorno, prima in un’associazione spontanea, poi con proposito comune di vita. Il 15 agosto 1425, Francesca, accompagnata da nove sociae, pronunziò nella basilica di S. Maria Nova la formula di oblazione. Nel 1433 fu acquistata una casa vicino al Campidoglio, dove si ritirarono per condurvi vita in comune. Francesca le raggiunse dopo la morte del marito e assunse il governo della comunità, provvedendo alle necessità materiali e spirituali delle consorelle. A Tor de’ Specchi restò 4 anni: stremata da veglie, digiuni e penitenze, morì la sera del 9 marzo 1440 a palazzo Ponziani.


Un’altra fonte racconta che tornò a Palazzo Ponziani per assistere il figlio malato di peste, ma dopo averlo guarito, lei stessa si ammalò e fu costretta a rimanervi per curarsi, morendovi dopo alcuni giorni.

La sua devozione, i conflitti col dimonio
Nella cappella dell’Angelo di S. Maria in Trastevere era soggetta ai rapimenti mistici durante la messa, dopo aver ricevuto la comunione. Perdeva il contatto con la realtà per lungo tempo. Restava muta e ferma, indifferente alle sollecitazioni fisiche, oppure cantava, danzava e predicava, discutendo di teologia. Nella sua cella era esposta alle aggressioni del maligno, che la perseguitava per sottrarla alla preghiera, con combattimenti che la lasciavano stremata.


L'impegno per l'unità della Chiesa
Intervenne anche su problemi decisivi della Chiesa del tempo, inviando messaggi a Eugenio IV, affinché durante la crisi di Basilea ritrovasse una comunione di intenti con i vescovi.


Le sue suppliche e preghiere nascevano dal timore che l’intransigenza del papa potesse creare ulteriori fratture nella Chiesa, provocando un nuovo scisma. Se Brigida di Svezia e Caterina da Siena erano state le profetesse di Avignone, Francesca Romana fu la profetessa del Concilio di Basilea.





Nessun commento:

Posta un commento