Questo blog è una raccolta disordinata dei miei appunti. Il tema principale è la storia di Roma.
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venerdì 29 settembre 2017

La plebe

Il termine plebeo deriva dal Greco Plethos (moltitudine).

Secondo tradizione, la plebe nasce con le deportazioni di Anco Marzio sull'Aventino degli abitanti di TelleneFicanaMedulla Politorium. Secondo alcuni, la suddivisione tra patrizi e plebei nasce da Romolo che elesse 100 capi famiglia a senatori (patres), i cui discendenti furono detti patrizi. Le gentes patrizie erano antiche organizzazioni politiche ed i patrizi erano membri (gentiles) di queste genti che formarono la civitas (quindi, i soli cittadini legittimi della civitas originaria). Secondo altri, i patrizi sarebbero nati dalla solidarietà di interessi di famiglie ricche e potenti, vincolate dal ricordo di lontane parentele. 

Anche l’originaria distinzione militare tra patriziato e plebe è incerta: all'identificazione del patriziato con la  cavalleria, e plebe con la fanteria, si contrappone la teoria che identifica con i patrizi e i loro clienti il populus (cioè il popolo in armi), mentre la plebe svolgeva una funzione ausiliaria.Da quest'ultima ipotesi, la plebe non sarebbe appartenuta al Populus Romanus.

Il patriziato era una nobiltà fondata sulla ricchezza terriera, che per superiorità economica poteva armarsi meglio e in compenso aveva il governo dello Stato; di fronte a questa nobiltà rimase la massa (plebs) di piccoli proprietari, artigiani, commercianti, che ebbe un particolare incremento sotto i Tarquini. 



Le lotte tra Patrizi (discendenti dai Patres, cioè gli aristocratici) e Plebei avvennero nei primi due secoli della Repubblica. Per contrastali, i patrizi si rinserrarono tra loro, controllando le magistrature ed il Senato. Così i plebei vennero estromessi da ogni ruolo statale; salì il loro malcontento per il mancato incremento dei loro diritti. La prima secessione plebea avvenne sul Mons Sacer, o, forse, sull'Aventino nel 494 a.C. Tra i plebei, nacque una classe di elite, che voleva partecipare alla vita politica, mentre la moltitudine di loro erano fortemente indebitati; ricordiamo che, allora, un debitore poteva essere reso schiavo dal suo creditore. L'ager publicus, frutto delle campagne belliche, era spartito solo tra i patrizi.

La rivolta del 494 a.C. avvenne dopo la guerra contro i Sabini e gli Equi; il Senato, in contrasto con Publio Valerio Publicola, rifiutò di dividere il bottino con i plebei, che comunque avevano combattuto nell'esercito romano. Da questa occasione partì la rivolta, con l'episodio dell'esilio sull'Aventino (oppure, Monte Sacro). Il console Menenio Agrippa, nel suo famoso discorso, paragonò la plebe alle braccia del corpo che rifiutano di lavorare per lo stomaco (i patrizi); così si sarebbe indebolito lo stomaco, ma poi anche le stesse braccia: in pratica, patrizi e plebei devono cooperare per il bene comune dello Stato. 

In questo frangente, nascono i Tribuni della Plebe, con diritto di veto e nel numero di due. La plebe eleggeva i tribuni, che erano sacrosancti e intangibili e con il loro intervento (intercessio) bloccavano gli atti dei magistrati. La plebe era convocata in assemblee (conciliadai tribuni la plebe, in cui si eleggevano i capi e si prendevano deliberazioni, scita (plebiscita). 



A fine V secolo a.C. i plebei iniziarono a fare parte del Senato, dando luogo al termine di Patres Conscripti, cioè senatori non patrizi. Nel frattempo, i patrizi crearono la magistratura dei censori.

Dopo la conquista di Veio (396 a.C.), i Tribuni della plebe proposero di colonizzare la città ed anche questo fu motivo di contrasto con i patrizi.

Nel 376 a.C. i Tribuni della Plebe Gaio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano presentano 3 plebisciti:
- riduzione e rateizzazione dei debiti
- i privati devono essere limitati nell'occupazione dell'agro pubblico
- i plebei possono essere eletti al consolato



Alcuni patrizi appoggiano i plebei in quanto questi ultimi concorrono alla salvezza della patria nei momenti di bisogno. Nel 367 le leggi Licinie-Sestie sono approvate; Furio Camillo fa costruire il Tempio della Concordia ai piedi del Campidoglio per celebrare la riconciliazione tra le parti. Nel 356 i plebei accedono alla dittatura, nel 351 alla censura, nel 326 alla pretura. Col plebiscito Ogulnio (300 a.C.) si aumentò il numero dei pontefici da 4 a 8, stabilendo che 4 fossero plebei, gli auguri passarono da 4 a 9, dei quali 5 erano plebei.

Con la Lex Ortensia (287 a.C.) i plebisciti furono equiparati alle leggi, i tribuni della plebe divennero magistrati.

Le cariche pubbliche non sono retribuite, perciò solo i ricchi possono permettersi di accerdervi: nasce, così, la nobiltà patrizio-plebea che governerà Roma fino alla fine della Repubblica. La Lex Cassia (45 a.C.) e la Lex Saenia (30 a.C.) attribuirono a Cesare e ad Augusto la facoltà di elevare i plebei al patriziato, facoltà divenuta poi censoria e come tale assunta da Claudio, Vespasiano e Tito; scomparsa la censura, la facoltà rimase agli imperatori. 

I culti plebei

In contrapposizione alla Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva), i plebei si affidarono al culto di Cerere, Libero e Libera, oltre a quello di Mercurio, divinità tutelatrice dei mercanti e dei commerci. Il tempio della Triade plebea era in Aventino, sul Clivio Pubblico, alle pendici del colle, nella zona sovrastante i carceres del Circo Massimo. Cerere è anche la protettrice della famiglia e dei figli; Libero e Libera sono suoi figli. Cerere era la dea delle messi, ma è anche la tutelatrice degli esclusi, come lo erano i plebei. Libera è identificata con Proserpina, Libero con Bacco. I Liberalia erano le feste in cui i maschi indossavano la toga virile per entrare nella vita politica. Similmente i plebei estendono questo significato idealmente, affinché anche loro possano godere dei diritti politici, ma ciò era vietato dal patriziato.

La Legge delle XII Tavole ed il Decemvirato (451 a.C.)

Fino ad allora, le leggi non erano scritte ed erano controllate dai Patrizi. Con la Lex Icilia (456 a.C.), l'Aventino viene lottizzato e distribuito alla plebe. Per la scrittura delle leggi, le magistrature ordinarie sono sostituite da un collego di 10 uomini (Decemviri Legibus Scribundis), di estrazione patrizia. I Decemviri hanno il compito di raccogliere e scrivere le leggi. Dopo un anno di lavoro, sono scritte 10 tavole bronzee che vengono esposte nel Foro. Il loro mandato è prorogato per un altro anno, ma i Decemviri usano il loro potere per compiere soprusi ai danni dei loro nemici, confiscandone i beni. Segue un altro anno di dominio incontrastato. Appio Claudio è il capo dei Decemviri. Il centurione plebeo Lucio Virginio ha una figlia, Virginia, giovane e bella che attrae Appio Claudio e un suo cliente lo rapisce. Il padre di Virginia riesce ad abbracciarla, ma la uccide dichiarando che è meglio saperla morta che schiava: ciò scatenò unì'altra secessione della plebe.



Appio viene destituito e sono distrutte le 2 tavole Iniquae, che sono anti plebee. Queste tavole contenevano una serie di divieti: la proibizione del matrimonio tra patrizi e plebei; i plebei sono esclusi dal governo. Con la Lex Canuleia (445 a.C.) questa proibizione viene abolita e, così, vengono riconosciuti i matrimoni misti.

Nel frattempo, ritornano al governo i due consoli Potito e Marco Orazio Barbato che promulgano le omonime leggi che sanciscono l'ufficialità delle decisioni prese nei Concilia Plebis (plebis scita), l'intoccabilità dei Tribuni della Plebe e la trasmissione delle delibere senatoriali (Senatus Consulta) agli edili plebei, che conservano tali delibere nel tempio di Liber, Libera e Cerere in Aventino.

Le leggi in vigore, non scritte, risalgono al periodo numano. Con le modifiche decemvirali, il padre continua ad avere diritto di vita e di morte su moglie e figli; l'essere debitori comporta ancora il diventare schiavo del creditore; ma dalla vendetta, si passa alla pena; il Comizio è il luogo destinato alla giustizia pubblica.


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